Riporto alcuni passaggi di un intervista fatta in queste settimane a Marco Van Basten relativamente al suo rapporto ai tempi del Milan con Arrigo Sacchi.
“Sacchi non ha inventato niente, il segreto di quel Milan molto forte fu la bravura dei suoi difensori”.
Vero in parte,nel senso che quel Milan annientò le squadre dell’epoca con l’uso del fuorigioco e per arrivare alla quasi perfezione di quella tattica ci fu bisogno di esercitazioni ripetute e ossessive cui all’inizio Baresi e compagni si sottoposero incuriositi perché rappresentarono un inedito per il calcio italiano.
Per quel che riguarda invece la mentalità di quel Milan direi che Van Basten è completamente fuori tema,nel senso che per la prima volta dopo anni si vide una squadra italiana andare ad attaccare anche in trasferta,aggredendo l’avversario e non stando semplicemente rintanata nella sua metà campo cercando di limitare i danni.
Continua Van Basten:
“La storia del calcio l’hanno fatta i suoi giocatori,non Sacchi.Quel Milan era una delle squadre più forti di sempre. Lui ha avuto una parte importante. Era bravo a farsi amici i giornalisti, ha saputo costruire una immagine da grande innovatore”.
Insiste rincarando la dose il fuoriclasse olandese:
“I giocatori sono più importanti. Contano solo loro, nel calcio. L’allenatore bravo è quello che li fa rendere al meglio, senza imporre per forza le sue idee”.
Diciamo che se Sacchi non fosse riuscito a imporre le sue idee di certo non avremmo visto quel Milan che ha segnato un epoca del calcio mondiale.
Poi Van Basten parla anche della sua carriera da allenatore
“Avevo continui attacchi di panico e di ansia, tanto per non farmi mancare nulla. Prima degli incontri con la stampa mi sdraiavo per terra in una stanza vuota, cercando le forze per andare fuori e rispondere alle critiche».
Da dove veniva questa insicurezza,gli domandano?
“Dalla mia mania del controllo. Volevo fare le cose troppo per bene, non riuscivo ad accontentarmi. Non accettavo di essere discusso. Ero un fanatico del calcio”
Marcel Van Basten 31/10/1964
Vediamo di capire meglio questo grande campione del calcio mondiale attraverso il metodo di profilazione atleti.
Marcel Van Basten ha una netta prevalenza di due numeri nel suo quadro,il 5(lettere E-N) e l’1 (lettere A-S),presenti ben otto volte su un totale di 15 lettere.
Inoltre presenta un desiderio inconscio,profondo,4( si ottiene come sappiamo ormai sommando le vocali del nome e cognome,nello specifico A+E+A+A+E,cioè tradotto in numeri 1+5+1+1+5=13=1+3=4).
Già questi due semplici aspetti del suo profilo denotano quello che poi è emerso dalle parole della sua intervista e che ha determinato il suo rapporto non “idilliaco” con Arrigo Sacchi e i suoi problemi successivamente da allenatore.
I “forti” numeri 1 e 5 gli hanno arrecato turbolenza,nel senso che si tratta di numeri “individuali”,1 cioè vuole poche interferenze,vuole fare principalmente di testa sua,necessita di indipendenza.
La stessa cosa accade con 5,numero che desidera sentirsi veramente libero,senza legami stretti,nè troppo vincolanti,5 è nato per sperimentare,provare cose nuove.
Già da questo possiamo capire come il matrimonio con un allenatore assai “ideologico e schematico”,che faceva ripetere ore e ore i suoi meccanismi di gioco non poteva di certo andare a buon fine.
Van Basten voleva sentirsi più libero, non vincolato da schemi troppo rigidi e soprattutto voleva sentire ascoltato il suo pensiero,le sue proposte di gioco.
Ma la cosa secondo me che li rendeva ancora più distanti era il fatto che in realtà Van Basten desiderava certezze,diciamo anche più ordine(Desiderio inconscio 4).
Sembra paradossale volere più ordine con un allenatore dogmatico come Sacchi,ma da un punto di vista prettamente tecnico questo giocatore avrebbe probabilmente desiderato più certezze,più regole,per esempio per quel che riguarda la fase offensiva del gioco,nelle quali però poi lui avrebbe potuto svariare e interpretare con tutto il suo estro e talento.
Non è un caso infatti che Van Basten critichi Sacchi sul fatto di aver lavorato principalmente sulla fase difensiva,anche se credo non rappresenti la verità del Milan di quegl’anni.
Però di certo,con desiderio profondo,inconscio 4,il giocatore voleva avere più regole,più dettagli, sulla fase(quella d’attacco) nella quale era più protagonista,anche se poi sarebbe stato lui il primo a uscire quasi costantemente da quelle stesse regole facendo di testa propria.
Pensare tanto al pressing,al sacrificio di squadra (compresi i giocatori più forti che dovevano ripiegare dalla fase di attacco) non poteva certo entusiasmare un campione molto centrato su di sé per via come abbiamo detto dei tanti 1 e 5 e della presenza di un solo 9(numero che se assente o poco presente genera un po di egoismo) nel suo quadro(lettera R).
Questa mia ipotesi del desiderare certezze,sicurezze, maggiore ordine viene poi ad essere confermata in questi anni nei quali si è cimentato come allenatore.
Affermare “volevo fare le cose troppo bene,non riuscivo ad accontentarmi,ero maniaco del controllo” e anche “prima di incontrare la stampa mi sdraiavo per terra in una stanza vuota cercando le forze per andare fuori e rispondere alle critiche” avvalla la tesi della persona che vuole fare in modo che tutto sia in ordine,che tutto sia definito,che non ci siano imprevisti(Desiderio 4) e nello stesso tempo che non vuole interferenze,che vuole fare di testa sua senza poi dover dare troppe spiegazioni agli altri perché tanto è lui che alla fine decide(caratteristiche di un forte 1).
Il metodo di profilazione degli atleti,sviluppato nella sua interezza,ci permette di giungere a simili conoscenze ancor prima di incontrare “fisicamente” le persone e quindi ci garantirebbe enormi vantaggi ai fini della costruzione di un gruppo squadra.